Un interessante e costruttivo incontro che ha visto protagoniste le classi del triennio liceale, che hanno incontrato Christopher Veggetti Kanku, pittore afro italiano di origini congolesi da ormai un ventennio sulla scena artistica italiana e internazionale, grazie alle sue originali opere che sono state ospitate nelle più prestigiose mostre e gallerie d’arte.
Il punto di partenza vuole essere un Paese che non ha più un unico punto di vista e un’unica narrativa, ma sta abbracciando una realtà multietnica fatta di persone differenti, con diverso credo, diversa etnia, ma che si riconoscono nella medesima nazione, con la stessa cultura, lingua, stessa percezione identitaria. Uno scenario nuovo che banalmente quarant’anni fa nessuno si immaginava e di cui Veggetti è testimone e oggi ne rappresenta un modello socialmente positivo. L’arte diventa così lo strumento per porsi delle domande in modo privato: l’evento vuole mettere lo spettatore su un determinato punto di osservazione, dove forse non si era mai posto, a cui forse non aveva dato peso. L’obiettivo non è dire cosa devi provare, ma lasciar provare, semplicemente.
Giovedì 15 dicembre presso l’Istituto gli studenti di origine straniera hanno avuto l’opportunità di partecipare ad un evento impareggiabile dove sono loro stessi protagonisti e dove l’interlocutore ha vissuto quello che in parte vivono loro: aumento di autostima, percezione di inclusività reale, sensazione di poter avere delle prospettive concrete verso il futuro. L’opportunità per gli studenti italiani, invece, è stata quella di esserci in un momento dove la voce narrante è “l’altra”, una voce fortemente educativa perché va a destrutturare un cliché, a delineare delle possibilità differenti.
Il dibattito si è soffermato sull’analisi delle sue ultime opere, due in particolare: “Teenager” e “Le due madri”, che la Scuola si è occupata di stampare ed esporre nei propri corridoi. Si è entrato poi nel tema della vita dell’artista, uno dei mestieri più affascinanti di sempre, che spesso non riesce a essere compreso dalle persone perché troppo lontano dalle mansioni considerate normali.
Il confronto diretto ha aiutato i ragazzi non a immaginare, ma a “vedere” cosa accade e quanto in realtà questa vita sia possibile e non lontana da loro.
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